La scuola ebraica oggi: una ricchezza

Scuola

Rav Alfonso Arbib

L’opportunità di formare la propria identità nella struttura educativa della Comunità è preziosa. Non va sottovalutata né snaturata

Ultimamente si parla molto di scuola soprattutto nella Newsletter della Fondazione ma anche sul Bollettino e in conversazioni pubbliche e private. Alcune delle cose che vengono dette sono sicuramente interessanti e stimolanti anche quando si tratta di affermazioni critiche. Altre invece mi sembrano sbagliate e a volte fonte di amarezza soprattutto per tutti gli insegnanti che hanno investito nella scuola impegno, professionalità e dedizione. L’amarezza però è di più lunga durata, a volte si respira un’atmosfera non bella intorno alla Scuola Ebraica di Milano, c’è quasi una volontà di farsi del male che ritengo estremamente pericolosa. Siamo a 50 anni dalla posa della prima pietra della Scuola di via Sally Mayer e spesso, soprattutto negli ultimi anni, assistiamo a un confronto tra la scuola del passato e quella attuale teso a mettere in rilievo gli aspetti negativi di quest’ultima. Credo che questo confronto sia spesso ingeneroso e, nelle modalità in cui avviene, sostanzialmente inutile.

Dice un passo del Talmùd: “Chi dice ‘se fosse ancora vivo Rabbì Akivà potrei studiare con lui’, non dice una cosa saggia”. Ambire a studiare con Rabbì Akivà potrebbe sembrare la massima ambizione di uno studioso di Torà ma secondo il Talmùd non è saggio e intelligente aspirare a ciò. Ogni generazione ha i suoi Maestri e quei Maestri sono adatti a quella generazione e quella generazione è adatta a quei maestri. Se ci capitasse di studiare con Rabbì Akivà probabilmente non sapremmo neanche di che cosa sta parlando. Nell’ebraismo c’è una grande attenzione per il passato, quest’attenzione però è a un passato che possa essere da guida per il presente e per il futuro. La nostalgia del passato fine a se stessa, la trasformazione del passato in mito rischia di farci vivere all’interno di un museo. La Scuola Ebraica di Milano di oggi è profondamente diversa da quella di 30, 40 o 50 anni fa e non potrebbe essere altrimenti. Se fosse uguale ci sarebbero seri motivi di preoccupazione. Del resto profondamente diversa è in genere la scuola italiana. I pregi e i difetti della Scuola Ebraica sono in realtà quasi sempre i pregi e i difetti della scuola italiana.

Faccio un solo esempio. Quando diventai direttore delle materie ebraiche del liceo chiesi alla preside di allora che ci fosse un impegno particolare nel miglioramento della preparazione della prova d’italiano perché mi sembrava che questo fosse un aspetto problematico della preparazione dei nostri ragazzi. In realtà quest’aspetto è sicuramente problematico ma è un problema dell’intera scuola italiana. Gli studenti liceali non scrivono più come scrivevano una volta ma anche i laureati hanno delle difficoltà. È un problema serio, è un problema di tutti.

La nostalgia del passato tende a trasformare questo in un mito di cui si magnificano i pregi, dimenticandone i difetti. Noi dobbiamo vivere invece nel presente e affrontare i problemi del presente. Se non facciamo questo non ci assumiamo le nostre responsabilità.

Vorrei concludere affrontando un aspetto tutt’altro che marginale di questa scuola. Questa è una scuola ebraica (di questo curiosamente si parla poco nella rievocazione del passato). Il fatto che sia una scuola ebraica non è solo un aspetto particolare della nostra scuola, è la sua ragione d’essere. È il motivo per cui questa comunità impegna buona parte del suo bilancio per mantenere la scuola. Questa è una scuola ebraica che ha dato e continua a dare una formazione generale di buon livello ma questo avviene in molte scuole italiane. Non è questo il motivo per cui questa scuola è fondamentale da un punto di vista identitario e culturale e può essere una straordinaria fonte di arricchimento per i nostri ragazzi. Al miglioramento dell’atmosfera e dell’offerta culturale ebraica di questa scuola, alcune persone hanno dedicato un grande impegno e sarebbe forse il caso di apprezzarlo e di riconoscerlo. Presentare invece l’ebraicità della scuola, come qualcuno ha fatto, come fonte di problemi e non come ciò che è, cioè una grossa opportunità, è profondamente sbagliato ma anche molto provinciale. Se questo elemento centrale non viene considerato o viene sottovalutato nell’attuale dibattito sulla scuola, si rischia di non capire quale sia la sua ragione d’essere. Si rischia di perdere quella che in un linguaggio alla moda viene chiamata mission e da noi si chiama nèfesh – anima.

Rav Alfonso Arbib